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L’inflazione è davvero destinata a salire, oppure un “butterfly effect” potrebbe cambiare tutto?

L’inflazione è davvero destinata a salire, oppure un “butterfly effect” potrebbe cambiare tutto?

Pubblicato Dom 10 Ottobre 2021 - 19:11 da Stefano Bonini Tag: Borsa

Domani inizia la stagione delle trimestrali relative al Q3, in particolare in USA per le società dell’indice S&P500 il consensus si attesta su una crescita degli utili del 28.3%.

 

Dovremmo essere davanti al quinto trimestre consecutivo di crescita degli utili: la serie più lunga dal 2005.

 

Le banche guidano le comunicazioni sugli utili con JPMorgan Chase, Bank of America e Citigroup.

 

Arriveranno anche gli aggiornamenti ai rapporti economici più “sensitive” che includono le aspettative sull’occupazione, sulle vendite al dettaglio, sulla produzione, sui prezzi import/export e, forse il più importante, il rapporto sui prezzi al consumo di settembre che darà indicazioni sull’evoluzione dell’infrazione.

 

Una citazione, un po’ abusata, di Oscar Wilde, è particolarmente vera nel mondo della finanza: “whenever people agree with me I always feel I must be wrong”.

 

Quando tutti parlano di una determinata aspettativa allora i mercati la incorporano già e allora io penso subito alla famosa citazione che utilizzò il matematico Edward Lorenz per spiegare il “butterfly effect”: “può il batter d'ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?”

 

In questo caso il battere di ali è il vicino fallimento di Evergrande, il secondo più grande sviluppatore immobiliare di tutta la Cina.

 

Secondo gli analisti la società avrebbe debiti per 350 miliardi di euro che in caso di default rischierebbero di portare al crollo di Banche, Compagnie di assicurazione e Istituzioni pubbliche che hanno sostenuto la crescita di Evergrande.

 

A questo dobbiamo aggiungere l’eventuale crescita di sfiducia nel Paese, visto che un certo numero di privati e aziende hanno già pagato “sulla carta” abitazioni e uffici che forse non verranno più costruiti.

 

Come ben risaputo, la Cina è tra i principali consumatori al mondo e un eventuale rallentamento del Paese porterebbe a un’inevitabile riduzione di richiesta di prodotti “occidentali” come quelli americani, francesi, tedeschi e italiani.

 

Ecco allora il nostro battito d’ali, che potrebbe però non risultare così negativo.

 

Finora il Governo di Pechino ha sempre evitato default di grandi aziende ma sembra che adesso ci sia la volontà di indirizzare, nel medio periodo, la crescita su un sentiero più sostenibile non offrendo più protezione illimitata ad attività ad alto rischio.

 

Nel breve termine, poi, il calo della domanda di materie prime potrebbe portare a un rallentamento globale dell’inflazione, che tanto preoccupa in queste settimane.

 

Con una inflazione sotto controllo allora Fed e Bce potrebbero continuare a iniettare liquidità nei mercati, rimandando il tanto temuto rialzo dei tassi.



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