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Unit linked: perché in alcuni casi sono il male minore

Unit linked: perché in alcuni casi sono il male minore

Pubblicato Mar 27 Maggio 2014 - 09:40 da La redazione Tag: Fondi di investimento

La passata edizione di Rendimento Fondi ha scatenato la polemica tra alcuni nostri lettori relativamente alle polizze unit linked, che vengono considerate da alcuni come il fumo di Satana. Vediamo di fare chiarezza, sempre tenendo conto che viviamo in un Paese curioso dove tutto è possibile … e dove non c’è mai il bianco ed il nero ma sempre e comunque il grigio. Ad ogni buon conto non prendete per oro colato quanto segue perché sarà modificato dal prossimo decreto legge o dalla imminente Circolare della Agenzia delle Entrate … o forse lo hanno proprio cambiato mentre andiamo in pagina.

Le polizze di assicurazione unit-linked sono contratti in cui l’entità del capitale assicurato (la c.d. performance finanziaria) dipende dal valore delle quote di fondi di investimento interni (appositamente costituiti dall’impresa di assicurazione) o da fondi esterni (OICVM – Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari), in cui vengono investiti i premi versati.

Il vantaggio oggettivo di una unit linked rispetto ad un investimento retail è in primo luogo il modo in cui viene applicata la ritenuta sulle plusvalenze. Se l’investitore possiede un portafoglio retail di fondi la tassazione è prelevata immediatamente con una aliquota del 26% mentre ogni volta che c’è una perdita si porta una minus solo negli investimenti in titoli. Se in sostanza la perdita è in fondi non è possibile dedurla dagli utili dei fondi. Da luglio gli etf diventano fondi e se il risparmiatore perde può portare in deduzione la minus solo dai titoli. Il certificate  viene considerato un titolo, quindi anche solo per ragioni fiscali ha le carte in tavola per superare gli ETF come appeal. La polizza unit linked è vero che ha un costo ma sarà cura del risparmiatore trovare le unit che costano poco. Il costo puro medio di una unit linked è del 2% ma la unit al suo interno può evitare di usare fondi retail inserendo al loro posto  fondi istituzionali che hanno costi di gestione molto più bassi (in una non meglio specificata polizza unit linked Eurose classe D per il retail ad esempio costa 1.60% al retail mentre la classe I per istituzionali costa 0.70%). All’interno della piattaforma Skandia inoltre fondi compensano le minus e non paghi plus finché non poni fine alla “scatola”. Un cliente che ha 70 anni può creare una scatola in Skandia che non viene toccata da plus e minus e queste si possono compensare.

Lo strumento unit diventa interessante perché se debbo allocare un fondo ad un figlio perché all’altro gli ho dato una casa lo posso fare aggirando la legittima dell’asse ereditario e senza pagare plusvalenze in caso di passaggio generazionale.

Ci sono diverse compagnie di assicurazione e banche che offrono unit linked. Le banche spesso creano le unit linked senza avere la necessaria esperienza legale e operativa e mettono i propri fondi all’interno delle proprie unit in modo da spremere il limone due volte. In Fideuram in famoso Bantleon lo compri dentro le unit con un investimento oltre il milione e idem il mitico M&G Optimal Income.

In conclusione la unit non è la panacea di tutti i mali ma è uno strumento di ottimizzazione della imposizione fiscale dei fondi e di pianificazione successoria. Invece di imprecare contro le unit linked il risparmiatore dovrebbe chiedersi perché la imposizione fiscale in Italia muta ad ogni stormir di fronda senza ragione tra un prodotto del risparmio gestito e l’altro. Così va il nostro Paese, niente è bianco, niente è nero, tutto è grigio.



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