In un precedente articolo sono state descritte le tematiche principali in tema di money management: a cosa serve, perché è importante, quali obiettivi si prefigge. È stato anche presentato un esempio pratico, nel quale si è mostrata una equity line relativa ad una semplice strategia di trading – un cross prezzo/media mobile – applicata ad un singolo titolo azionario, Autostrada Torino-Milano, lungo un lasso temporale di una decina d’anni.
L’idea è stata quella di allocare ogni volta un ammontare fisso di capitale, diecimila euro, a fronte di una disponibilità iniziale di liquidità pari a ventimila. Si è adottato, cioè un money management di tipo fixed amount: si investe sempre la stessa cifra di denaro, minore del capitale disponibile per le ragioni già discusse qui (link a articolo precedente). Il risultato è stato un profitto di circa quindicimila euro (valore finale dell’equity al netto del capitale iniziale) a fronte di un peggior momento storico dell’equity pari a seimila euro circa di perdita.
Premesso che, come detto qui , la sequenza e i valori dei profitti e delle perdite delle operazioni storiche potrebbero non essere una buona stima della sequenza e dei profitti e perdite delle operazioni future, nel determinare una stima del capitale che è necessario avere sul conto per potersi sentire in grado di proseguire con l’operatività anche dopo una fase particolarmente negativa della strategia bisogna in via precauzionale prendere il massimo drawdown storico e raddoppiarlo. Così facendo, con un money management fixed amount applicato al caso in oggetto, il capitale necessario sarebe intorno ai ventiduemila euro: il doppio della perdita massima storica di seimila euro più il capitale necessario ad effettuare la prima operazione successiva alla fase di perdita massima. E dovrebbe ora essere finalmente chiaro perché a fronte di un capitale iniziale di ventimila euro se ne siano considerati utilizzabili ragionevolmente soltanto la metà ad ogni operazione.
Ora continuiamo l’analisi, mostrando cosa può succedere modificando il modo in cui viene impiegato il denaro, utilizzando cioè differenti politiche di money management. Una prima variante consiste nella martingala.
Le tecniche di money management dei giocatori di balckjack
La martingala è un criterio di gestione del denaro che deriva dai giochi del casinò come il blackjack. Il concetto del money management martingala può essere riassunto con una citazione da un famosissimo film (Rain Man): “uno se va bene, due se va male”. Il concetto è relativamente semplice: in un gioco dotato di memoria, ossia nel quale ciò che succede ora è governato da leggi probabilistiche che tengono conto di ciò che è successo prima (cioè il gioco si ricorda in qualche modo dei risultati precedenti), se gli eventi profitto e perdita sono dotati sostanzialmente della stessa probabilità di verificarsi, ad un evento negativo dovrebbe seguirne verosimilmente uno positivo, e viceversa. Da ciò l’idea di mantenere invariato l’investimento in una operazione che segue un’altra che ha avuto esito positivo (perché le probabilità sono più a favore di una perdita), piuttosto che di raddoppiare l’investimento in una operazione che segue una che ha avuto esito negativo (perché ora le probabilità sono più a favore di un profitto). Per quanto l’impianto della martingala non sia proprio coerente con le logiche dei sistemi di trading nulla osta allo sperimentare questo stile di money management anche nel nostro campo. Unico accorgimento: non raddoppiate il capitale ad ogni operazione perdente, perché altrimenti finirete i soldi molto in fretta. Piuttosto si può pensare di incrementare o ridurre l’esposizione in misura molto più ridotta ad ogni nuova operazione, ad esempio di un 5%. Questa è la percentuale di aumento o riduzione del capitale che è stata adottata da noi per la simulazione seguente, che prevede un money management di tipo martingala secondo il quale se nella prima operazione, effettuata con diecimila euro, si ottiene un profitto, la successiva operazione viene effettuata con novemilacinquecento euro, il 5% in meno; viceversa, se la prima operazione restituisce una perdita, alla seconda operazione vengono allocati diecimilacinquecento euro, il 5% in più. E così via operazione dopo operazione.
Ecco l’andamento risultante dell’equity line:
Figura 1 – money management martingala su titolo AT
Il risultato finale lordo della strategia sale a circa trentanovemila euro, cioè diciannovemila euro di utile contro i quindicimila del money management fixed amount. Nel caso il concetto non fosse chiaro, abbiamo usato la stessa strategia, sullo stesso titolo e nello stesso arco temporale, semplicemente utilizzando il denaro disponibile in modo diverso, ossia cambiando il solo money management.
Confronto dei risultati delle diverse tecniche di money management: attenzione a come si leggono i dati!
Possiamo dire che la martingala sia meglio del fixed amount, dunque? La risposta non è immediata. Innanzitutto non dimentichiamoci che lo scopo primario del money management è migliorare il rapporto di rendimento ponderato sul rischio. Fin qui abbiamo valutato soltanto il rendimento della martingala, ora parliamo di rischio: il massimo drawdown storico questa volta è circa ottomila euro. Facciamo allora un semplice confronto: con il fixed amount abbiamo ottenuto quindicimila euro di utile contro seimila di rischio, cioè un rendimento ponderato sul rischio pari a 2,5. Con la martingala abbiamo diciannovemila euro di utile contro ottomila di rischio, cioè un rapporto di 2,38. Sotto questa luce è quindi meglio il money management di tipo fixed amount! La martingala offre infatti un rendimento atteso maggiore a fronte però di un rischio più che proporzionalmente maggiore. Il gioco non vale la candela.
Money management al contrario: l’anti-martingala
A scopo puramente esemplificativo può giovare considerare anche un money management di tipo anti-martingala: due se va bene, uno se va male. La logica, se di logica si può parlare in questo caso, è che le strategie di trading non producono operazioni positive e negative alternate, bensì sequenze di operazioni positive e sequenze di operazioni negative. Da un certo punto di vista potrebbe quindi avere senso chiedersi cosa potrebbe succedere applicando una percentuale di aumento o riduzione del 5% nel capitale impiegato di volta in volta in funzione di ciò che è successo all’operazione precedente ma secondo una logica invertita rispetto alla martingala. Ecco l’equity line risultante:
Figura 2 – money management anti-martingala su titolo AT
Disastro! Circa undicimila euro di utile a fronte di oltre diecimila di rischio. Non ha alcun senso…
Su un elemento è tuttavia opportuno prestare attenzione: la percentuale di aumento o riduzione del capitale impiegato ad ogni nuova operazione potrebbe spostare significativamente i risultati complessivi. Per avere un quadro completo della situazione, dunque, bisognerebbe simulare l’effetto di una variazione del capitale impiegato di volta in volta sperimentando diverse percentuali di modifica. Ad esempio si potrebbero provare tutte le combinazioni dal 5 al 50% a passo del 5%. In questo modo, magari, si scoprirebbe che il money management di tipo martingala potrebbe offrire un rapporto di rendimento su rischio migliore del fixed amount con uno specifico valore di cambiamento del capitale utilizzato di volta in volta, diverso dal 5% che è stato usato nelle simulazioni qui riportate.
Il money management più esplosivo: il fixed fractional
Per giungere all’ultimo tipo di money management di cui ci occuperemo in questa sede giova segnalare che in linea generale ci sono sostanzialmente due modi di utilizzare il denaro: capitalizzando i risultati precedenti o non capitalizzandoli. Il money management fixed amount non capitalizza gli eventuali utili precedenti, mentre l’anti-martingala lo fa: se guadagna investe di più, se perde investe di meno. La martingala capitalizza in forma invertita: riduce il capitale se guadagna, lo aumenta se perde.
Il money management di tipo fixed fractional capitalizza gli utili con lo stesso principio dell’anti-martingala, con una differenza: ad ogni operazione utilizza sempre la stessa percentuale del capitale totale a disposizione. Se, per ipotesi, decidessimo di allocare ad ogni operazione il 50% del denaro disponibile sul conto, allora alla prima operazione verrebbero allocati diecimila euro come con il money management fixed amount, mentre per tutte le operazioni successive verrebbe impiegato un capitale variabile, ma sempre pari alla metà del denaro disponibile a quel momento. Ecco l’equity line risultante dall’applicazione di questo principio al titolo Autostrada Torino-Milano:
Impressionante, vero? Circa trentunomila euro di utile a fronte di un rischio di perdita massima di circa tredicimila euro. Facendo il rapporto tra le due quantità si ottiene però ancora circa 2,38. Il fixed amount vince di nuovo.
E qui lo so che storcerete il naso. Perché non vi capaciterete del perché un sistema che da ventimila euro arriva a oltre cinquantamila possa essere considerato peggio di uno che si ferma a trentacinquemila.
Provo a convincervi: nel suo momento peggiore il sistema che usa il money management fixed fractional ha perso tredicimila euro, dopo che ne aveva guadagnati circa sedicimila (dai ventimila iniziali ai trentaseimila circa di pre-caduta). In cifre, il peggior momento storico della strategia ha spazzato via oltre l’81% dei profitti maturati fino a quel momento. Va da sé che se il massimo drawdown si fosse manifestato a partire da un picco più alto di profitto la perdita monetaria avrebbe potuto essere veramente importante.
Il money management fixed amount, invece, nel suo momento peggiore vi ha rosicchiato circa seimila euro di utili a fronte di circa ottomila maturati al momento immediatamente precedente la caduta. Questa volta il sistema si è rimangiato “soltanto” il 75% del risultato precedente. E se il drawdown si fosse manifestato a partire da un picco più alto dell’equity il suo valore monetario sarebbe comunque rimasto lo stesso: circa seimila euro, perché il capitale investito sarebbe stato sempre lo stesso; quindi l’incidenza percentuale delle perdite sarebbe stata meno marcata. Ecco quindi la differenza fondamentale tra i due tipi di money management: il fixed amount non vi espone al rischio di spiacevoli sorprese, mentre il fixed fractional vi può portare a subire perdite molto significative in termini assoluti, poiché l’entità del drawdown è fortemente legata al momento preciso della storia della strategia nel quale il drawdown stesso si manifesta.
Le insidie nascoste del money management fixed fractional
Ma c’è ancora una considerazione da fare, per votare ancora una volta a favore del money management fixed amount: il fixed fractional promette risultati che sono legati ad uno specifico comportamento da parte vostra, ossia il non prelevare mai gli utili dal conto corrente, perché essi devono essere capitalizzati nel sistema. Ma una domanda mi sorge spontanea, e la rivolgo direttamente a voi lettori: che senso ha investire in Borsa se poi non potete mai beneficiare dei frutti dei vostri investimenti, dal momento che dovete lasciarli lì a capitalizzare i risultati? Prima o poi non vorrete godervi i profitti, farvi una vacanza, togliervi qualche sfizio?
Il problema è che qualsiasi cifra togliate al sistema otterrete che il sistema stesso si adeguerà al capitale disponibile, riducendo l’ammontare di denaro investito di volta in volta, con effetti perfettamente prevedibili sulla forma e il valore finale dell’equity line, che sarà matematicamente peggiore di quella simulata.
Prima di concludere, nel precedente articolo (vedi qui) avevo accennato anche alla famosa/famigerata formula di Kelly. Si tratta di un altro metodo ancora di money management, una formula matematica che permette di determinare l’esposizione di capitale ottimale per ogni operazione sulla scorta dell’andamento statistico della propria strategia in termini di rischio e di rendimento. Sostanzialmente è ancora un metodo che prevede un aumento dell’esposizione in presenza di profitti e un calo dell’esposizione in caso di perdite. Il discorso è abbastanza lungo e complesso. Ne parliamo in un’altra occasione.
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