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Allacciate bene le cinture, non è previsto alcun "atterraggio morbido"

Allacciate bene le cinture, non è previsto alcun "atterraggio morbido"

Pubblicato Lun 20 Giugno 2022 - 11:55 da Pietro Colacicco Tag: Borsa
La scorsa settimana, la Federal Reserve ha dato il via libera al maggiore rialzo dei tassi di interesse dal 1994. La misura, decisa per cercare di moderare un’inflazione arrivata ai massimi da 40 anni, ha aumentato il costo di detenere denaro liquido dello 0,75%.
 
Ora, come ogni volta che una banca centrale prende una decisione di questo tipo, siamo qui ad augurarci che sarà, tutto sommato, un “soft landing”. 
Un atterraggio morbido, ovvero una situazione in cui si presenta un rallentamento del mercato e dell’economia che comunque continua la sua fase di crescita, seppure a ritmi più lenti. 
 
Un contesto nel quale, tutto sommato, non si fa male nessuno (o quasi). 
 
Ebbene, come scrive Jon Sindreu sul Wall Street Journal, quello del cosiddetto “soft landing” potrebbe essere nient’altro che un mito. La maggior parte dei cicli di inasprimento della storia si sono infatti conclusi con una recessione. 
 
La situazione
 
Ma torniamo un attimo all’oggi. Al rialzo della Fed è seguita la mossa della Banca Nazionale Svizzera di aumentare i costi di finanziamento: l’ultima volta che è successo era il 2007. Entrambe hanno aumentato i tassi oltre le previsioni della scorsa settimana. 
 
Ad andare contro le previsioni, invece, è stata la Banca d’Inghilterra, la quale ha aumentato i tassi meno del previsto temendo una contrazione dello 0,3% della produzione britannica nel secondo semestre. 
 
Nel frattempo, sul fronte dei consumi non si naviga in acque più calme. Gli Indicatori di Sentiment stanno crollando nella maggior parte dei paesi sviluppati. Le azioni, intanto, sono scivolate in un “bear market” e gli investitori sembrano essersi rassegnati all’idea che una Fed più aggressiva possa ridurre l’inflazione senza danneggiare la crescita.
 
 

Nessun atterraggio morbido, dunque?

 

Dire che i “soft landings” nella storia, in seguito ad aumenti di tassi di interesse, siano stati rari è esser generosi.

 

Tra i precedenti 12 cicli di inasprimento, l’unico vero atterraggio morbido è stato quello dell’83-’84: allora però l’economia aveva appena superato ben due recessioni.
Tra il 1961 e il 1966, invece, i tassi sono aumentati costantemente senza alcuna flessione, fino a che nel 1970 c’è stata una recessione.

 

Questo il bilancio: 9 volte su 12 dagli anni ‘50, quando la Fed ha inasprito la propria politica monetaria, si è andati incontro ad una recessione.

 

 

Discorso non troppo diverso sul fronte UK (seppur leggermente meglio), circa la metà delle campagne di aumento dei tassi della BOE dagli anni ‘50 si sono concluse con una flessione dell’attività economica.

 

 

L’idea ottimistica che l’economia possa essere rallentata senza incidere sull’occupazione e sui salari risulta poco supportata dai dati. A dirla come Sindreu: “I responsabili delle istituzioni sembrano spesso dare spiegazioni in stile anni ‘60, secondo le quali il raffreddamento del mercato del lavoro è visto come un passo necessario”.

 

Se le condizioni “reali” di ognuno rimanessero esattamente le stesse, dopo una manovra di questo tipo, vorrebbe dire che la politica monetaria non funziona. Una crescita del credito più debole, prezzi degli asset più bassi o un clima economico più cupo, qualcosa dovrà accadere.

 

Che si allaccino bene le cinture, dunque. Non è previsto alcun atterraggio morbido e, qualora ci fosse, non sarà merito delle banche centrali.

 


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