Perché non abbiamo più utilizzato l’analisi fondamentale da due anni a questa parte ?
Perché l’analisi fondamentale è come la frutta di stagione, bisogna gustarla quando è il momento. L’analisi fondamentale ha la sua efficacia in situazioni in cui il mercato azionario proviene da un crollo dei prezzi (come quello attuale) e i big dogs della Borsa si guarda in giro per decidere cosa comprare.
Quando il trenino è in corsa devi comprare questo o quel massimo, non importa scommettere sui singoli titoli perché la miccia della dinamite è già accesa.
Più aumentano le probabilità di un accordo con la UE da parte del Governo italiano più dovremo iniziare a studiare i bilanci e a studiare là dove picchia la domanda dei volumi. Perché l’attenzione degli istituzionali sarà sempre più dedicata alle primizie sotto il profilo fondamentale e non certo ai vecchi bisonti.
So che sembra una assurdità ma è così: io ho nei confronti dell’analisi fondamentale il massimo del rispetto, ma quando un mercato azionario è al massimo francamente sapere quanto quota l’ebitda di una azienda rispetto al settore non serve a niente. Se il mercato ha perso il 30% dai massimi di periodo invece guardare i bilanci può dare una approssimazione di dove l’attenzione degli istituzionali sarà concentrata.
Prendiamo un esempio a caso, quello di Prima Industrie, di cui pubblico di seguito il grafico:
SoldiOnLine scrive il 5 novembre:
Prima Industrie ha chiuso i primi 9 mesi del 2018 con ricavi pari a 318,3 milioni di euro, in crescita del 6% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Il margine operativo adjusted
ha toccato i 31,3 milioni di euro e il reddito operativo i 19,6 milioni, rispettivamente in salita del 3,6% e dell'11,4% rispetto alle medesime poste di 12 mesi prima.
Il periodo si è chiuso con un utile netto pari a 14,4 milioni di euro, in miglioramento del 19% rispetto ai 12,1 milioni di euro dei primi 9 mesi del 2017.
A fine settembre 2018 l'indebitamento netto si è attestato a 94,8 milioni di euro, rispetto ai 103,1 di 12 mesi prima e ai 69,6 milioni di fine 2017.
Nel corso del terzo trimestre del 2018 l'acquisizione ordini del gruppo è stata pari a 339,5 milioni di euro rispetto ai 351 milioni di euro dello stesso periodo del 2017.
A fine settembre 2018 il portafoglio ordini consolidato era pari a 188 milioni di euro, in linea rispetto ai 188,1 milioni di euro di 12 mesi prima.
SoldiOnline scrive il 6 novembre che Mediobanca taglia il target da 36 euro (cioè dove era 3 anni fa) a 30 euro che è a metà strada tra dove è ora e dove dovrebbe andare.
Ovviamente non chiedetevi perché da 36 euro è scesa a 17 in 3 mesi con i conti che migliorano perché nemmeno i fanciulli di Mediobanca saprebbero darvi una risposta.
Quello che bovinamente possiamo dire è che in questi casi conta più il grafico che tutto il resto e se guardiamo il daily vediamo come i volumi siano saliti proprio nel mezzo del movimento ribassista ed esplosi sul fondo, segno che pochi vendono e molti comprano.
La strategia migliore in questi frangenti è trovare titolini illiquidi dai buoni fondamentali che hanno perso più del 50% per ragioni di … follia borsistica (non vi preoccupare, nessuno sarà mai in grado di spiegarlo) e che debbono essere riacquistati.
Se i fondamentali sono buoni sappiate che vale la regola dell’elastico e i prezzi possono ritornare rapidamente ai valori di 3 mesi or sono.
Tra i titoli illiquidissimi e basta segnaliamo CHL e TINEXTA ed in particolare la seconda che sta provando la rottura del massimo del collocamento.
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