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Il fenomeno blitzscaling: storie di successo e non

Il fenomeno blitzscaling: storie di successo e non

Pubblicato Ven 14 Gennaio 2022 - 10:39 da Ilaria Ferrari Tag: Borsa

Il termine blitzscaling è stato coniato nel 2018 da Reid Hoffman, uno dei co-fondatori di LinkedIn.

 

Esso sta a identificare una strategia di crescita improntata alla velocità, anche a discapito dell’efficienza (e quindi della redditività).

 

Ciò accade il modo particolare nei settori in cui ci sono forti spinte competitive. In questo caso diventa fondamentale non solo avere un’idea vincente prima degli altri, ma anche giocare d’anticipo e raggiungere molto velocemente una quota di mercato tale per cui i potenziali concorrenti non possano più raggiungere e sorpassare il first mover.

 

Il blitzscaling, per definizione e per ammissione dello stesso Hoffman, è inefficiente.

 

Nei casi più estremi può addirittura tradursi nella decisione deliberata di produrre in perdita.Ciò avviene al solo fine di “comprarsi” il fatturato, conquistando i clienti grazie ad un prezzo estremamente ed artificialmente basso, e di estromettere dal mercato qualsiasi possibile competitor.

 

Perché questo sia possibile, di fatto, è necessario che in questa fase gli investitori “sovvenzionino” l’azienda, accettando ingenti perdite.

 

Finita la fase della crescita “sussidiata”, l’azienda dovrebbe cominciare a produrre utili grazie alla posizione dominante sul mercato, che le dovrebbe consentire di sfruttare importanti economie di scala e/o di aumentare i prezzi dei propri prodotti/servizi.

 

Alla fine, spesso, si rischia di scommettere ad occhi chiusi sul business aziendale, senza alcuna certezza relativamente alla sua effettiva sostenibilità.

 

Senza contare che l’affermarsi di questa tendenza rischia di portare con sé tutte le inefficienze che si riscontrano in un regime di monopolio.

 

Il concetto di blitzscaling è stato formalizzato solo di recente, dopo anni di osservazione del fenomeno sul mercato.

 

Tra le primissime società che hanno fatto uso di questa strategia con successo ci sono sicuramente Netflix e Amazon.

 

Fonte: GuruFocus.com

Le barre colorate sono una rappresentazione grafica del percentile di appartenenza della società: rappresentano come si colloca ogni singolo indicatore dell’azienda rispetto al minimo e al massimo del settore in cui opera e rispetto al minimo e al massimo storico della stessa azienda.

 

Nella prima lettera agli azionisti del 1997 (qui sotto in originale), Jeff Bezos scriveva:

“Crediamo che una misura fondamentale del nostro successo sarà il valore che creiamo per gli azionisti nel lungo termine. Questo valore sarà il risultato diretto della nostra capacità di estendere e consolidare la nostra attuale posizione di leadership nel mercato. […] La leadership di mercato può tradursi direttamente in maggiori entrate, maggiore redditività, maggiore velocità del capitale e, di conseguenza, rendimenti più elevati sul capitale investito.

[…]

Per prima cosa, ci autovalutiamo sulla base delle metriche più indicative della nostra leadership di mercato: crescita dei clienti e dei ricavi, quanta parte dei nostri clienti continuano ad acquistare da noi ripetutamente [misura del grado di fedeltà dei clienti N.d.R.], la forza del nostro marchio.

[…]

Continueremo a prendere decisioni di investimento alla luce di considerazioni relativamente alla leadership di mercato di lungo termine, piuttosto che di considerazioni relativamente alla redditività di breve termine o a reazioni di Wall Street.

[…]

Se saremo costretti a scegliere tra l'ottimizzazione dei nostri risultati contabili e la massimizzazione del valore attuale dei flussi di cassa futuri, sceglieremo i flussi di cassa [caratteristica delle azioni growth N.d.R.].”

 

Fonte: To our shareholders: (q4cdn.com)

 

Tuttavia, non mancano casi di società che, anche dopo un decennio, non sembrano aver fatto nessun progresso significativo verso un business profittevole.

 

Una su tutte Uber.

 

Fonte: GuruFocus.com

 

Uber nasce nel 2009 con la mission di “Make transportation as reliable as running water, everywhere, for everyone” e si quota nel 2019 raggiungendo una valutazione di 75 miliardi circa.

 

In quel momento, è la 14-esima IPO più grande al mondo (oggi è scivolata oltre le prime 25) e la più grande per un’azienda tech statunitense da quella del 2012 di Facebook.

 

Il servizio di trasporto offerto dai taxi ha ovviamente subito un duro colpo durante la pandemia, in particolare nei lunghi periodi di lockdown.

 

Le barre che mettono in relazione i più recenti indicatori di redditività di Uber (tutti negativi) con quelli degli anni precedenti sono verdi, a segnalare un miglioramento.

 

Perciò è facile intuire che, in realtà, già prima del Covid-19, la società non è mai stata profittevole.

 

Un dubbio sorge allora spontaneo: Uber ha davvero introdotto un efficientamento del servizio taxi tale da riuscire a mantenere la convenienza delle proprie tariffe, sulla quale si fonda il suo vantaggio competitivo, nel lungo termine? Ovvero: la sua permanenza sul mercato è possibile senza il “sussidio” degli azionisti?



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