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I titoli bancari e Draghi: da “whatever it takes” a “what else?”

I titoli bancari e Draghi: da “whatever it takes” a “what else?”

Pubblicato Mar 09 Febbraio 2021 - 08:55 da Stefano Bonini Tag: Borsa

Una vecchia pubblicità diceva “basta la parola”, ai mercati è bastato il nome Draghi per non guardare più ai problemi italiani e spingere sull’acceleratore.

 

Mario Draghi è forse arrivato nel momento giusto, con Intesa Sanpaolo ha registrato un utile netto di 3,3 miliardi nei conti preliminari del 2020, e Bper che ha chiuso con un utile di 245,65 milioni.

 

Nello stesso periodo Mr. Luxottica, Leonardo Del vecchio, è salito al 13,2%. Di Mediobanca.

 

L’idea di un uovo governo Draghi sembra aver instillato fiducia nei confronti dell’Italia ed ecco che un abbassamento dello spread, in un panorama di buoni risultati economici, ha fatto entrare i titoli in rally.

 

Quanto durerà?

 

È solo effetto Draghi oppure la crescita delle quotazioni dei titoli bancari è sostenibile e si fonda su solide basi?

 

Secondo gli analisti della banca d’affari inglese Barclays, le banche italiane potrebbero sovraperformare rispetto alla media europea considerando gli elevanti Rote ( Mediobanca9,2%, Intesa Sanpaolo7,1%, Credem6,8%, Bper Banca5,8%, Banco-Bpm4,9%, Unicredit4,1%, Mps1,6%) e le potenziali sinergie tramite operazioni di M&A.

 

Tra questi c’è un titolo che potrebbe particolarmente beneficiare, più degli altri, dai nuovi scenari politici: il Monte dei Paschi di Siena.

 

Il titolo è entrato ieri in asta di volatilità andando a chiudere a 1,38 euro rispetto alla chiusura di venerdì di 1.1590 registrando così un +19.07%.

 

La corsa di Mps arriva dopo un articolo pubblicato su La Repubblica in cui si parla di una “ipotesi di un prestito subordinato da 500 milioni di euro, per rimpolpare almeno in parte il capitale entro febbraio e consentire la 'continuità aziendale' malgrado la forte perdita dei conti 2020, che il mercato stima in 1,5 miliardi”.

 

Il nuovo bond a cui starebbero lavorando per salvarsi almeno nel breve termine, spiega La Repubblica, “avrebbe […] una cedola salata, che potrebbe superare l’8% annuo”.

 

Aggiunge poi il quotidiano fondato da Scalfari che “proprio la congiuntura favorevole per l’Italia sui mercati legata all’arrivo di Draghi può favorire anche l’emissione di un bond rischioso da parte di una banca che non fa utili da anni e non ne farà per un pezzo”.

 

Inoltre, secondo il Messaggero, ci sarebbero fondi interessati a partecipare alla privatizzazione. Tra questi si parla del fondo Apollo, Blackstone, Lonestar e Hellman & Friedman.

 

Domani, mercoledì 10 febbraio alle 9 ci dovrebbe essere il momento di svolta: l’AD Guido Bastianini presenterà i risultati del 2020, che gli analisti si aspettano essere in rosso per 1,5 miliardi di euro, e presumibilmente anche qualche ipotesi sul futuro della banca più antica del Mondo.



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