Ci sono professioni molto pericolose perché danno un grande potere, e come si dice nei fumetti di Spider Man: “da un grande potere derivano grandi responsabilità”.
Una di queste è il giornalista, perché quello che scrive viene letto da un po’ di persone, assimilato e magari poi anche ripetuto e citato.
Dopo l’annunciata mancata fusione tra Unicredit e MPS osservatori politici e non meglio descritti opinionisti si sono sentiti in dovere di spiegare al pubblico presunti retroscena.
Da notare che nel frattempo economisti e giornalisti economici si sono limitati a descrivere i fatti senza spingersi troppo oltre.
Tra le diverse cose che ho letto questa settimana la mia attenzione si è soffermata su un articolo che affermava che la fusione è saltata perché alla fine Unicredit è una banca media e non avrebbe potuto gestire MPS.
Io dico sempre ai miei studenti che la finanza è uno di quei pochi settori dove ogni singola parola ha un significato e un peso specifico, e di conseguenza un prezzo.
In finanza, le dimensioni contano, ed è così che esistono criteri specifici per definire qualcosa grande o piccolo.
A seguito del fallimento di Lehman Brothers e la conseguente crisi finanziaria, il Financial Stability Board ha identificato una serie di banche “too big to fail”.
Queste banche sono definite troppo grandi per fallire perché occupando posizioni chiave nell'economia statale e globale in caso di grave perdite, per non aprire una grave crisi di mercato, devono perciò essere sostenute il più possibile dagli Stati di cui fanno parte.
In questa lista ci sono banche da tutto il mondo, America, Asia ed Europa, e una di queste, solo una, è Italiana: Unicredit.
Appurato che non stiamo parlando di una banca media proviamo a capire, in maniera analitica, le prossime mosse e di conseguenza quali titoli tenere sott’occhio.
Sicuramente Gae Aulenti sarà protagonista della stazione delle fusioni anche perché hanno fortemente voluto un Amministratore Delegato come Andrea Orcel.
Dopo l’annuncio del mancato accordo con MPS per aver subito dichiarato di voler puntare a Societè Generale e a BBVA significa che i piani sono altri.
Voci di corridoio delle banche d’affari riferiscono che il primo target rimane l’acquisizione di Banco BPM, però una idea già trapelata in primavera inizia ad avere contorni sempre più delineati.
Ricordiamo che la nomina di Orcel come AD di Unicredit è stata caldeggiata dalle Fondazioni Bancarie e da Leonardo del Vecchio (che con il 7% rappresentano il primo azionista della banca).
Del Vecchio però possiede anche il 20% di Mediobanca che sta “de facto” scalando con il socio Caltagirone che detiene il 5%.
Sempre con Caltagirone poi sta raccogliendo azioni di generali, il cui primo azionisti è Mediobanca stessa.
Una fusione tra Piazza Gae Aulenti e Piazzetta Cuccia sarebbe tra l’altro perfetta, perché la prima potrebbe acquisire il consumer finance, il digital lending e il private equity della seconda senza particolari impatti sul capitale e soprattutto senza doversi prendere in dote filiali bancarie.
Secondo una simulazione di Deutsche Bank, alla luce di altre operazioni avute sul mercato, Unicredit potrebbe lanciare un'OPA su Mediobanca con un premio del 25%.
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