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USA e Italia: è credit crunch?

USA e Italia: è credit crunch?

Pubblicato Mar 24 Ottobre 2023 - 08:41 da Ilaria Ferrari Tag: Borsa

Il 13 settembre è uscito sul Wall Street Journal, all’interno dell’influente rubrica finanziaria “Heard on the Street”, un articolo che indaga le cause della minore crescita dei prestiti bancari in USA a firma di Telis Demos (‘Almost All Loans Are Bad’—Why Banks Aren’t Lending - WSJ).

 

Demos spiega come le banche americane avrebbero bisogno di incrementare i loro impieghi creditizi per compensare la pressione sul margine di interesse del maggiore costo della raccolta dovuto al rialzo dei tassi di interesse.

 

Questo, però, non è ciò che sta accadendo: la FED ha comunicato che il tasso di crescita annualizzato della totalità dei prestiti bancari nel Q3 2023 si è fermato al 3.6%, contro una media storica di lungo periodo pari al 7%.

 

La tendenza riflette la minor domanda di prestiti, scoraggiata dall’incremento dei tassi di interesse che ha reso molto più costoso l’indebitamento. Inoltre, riflette anche la prudenza delle banche nell’erogare in alcuni settori, come l’immobiliare commerciale, che potrebbero risentire maggiormente dell’incremento del costo del debito.

 

Tuttavia, il giornalista sostiene che, anche se l’economia dovesse rimanere forte e la domanda di prestiti dovesse aumentare, le banche potrebbero comunque continuare nella stretta creditizia.

 

Questo sostanzialmente per due motivi: dopo le corse agli sportelli di Silicon Valley Bank and First Republic, il tema della liquidità degli istituti bancari è diventato centrale e l’andamento dei depositi è sotto attento monitoraggio di investitori e regolatori; inoltre, le banche americane si starebbero preparando ad affrontare dei requisiti patrimoniali più stringenti, a seguito delle recenti proposte della FED in ambito di vigilanza prudenziale (Accordi di Basilea: gli effetti delle audaci proposte di revisione americane - Il Sole 24 ORE).

 

Alla Barclays’ banking analyst conference, spiega ancora Demos, il messaggio delle banche americane è stato univoco: a livello commerciale si sposteranno sulla clientela che è in grado di garantire una relazione di lungo periodo (n.d.r. si legga depositi stabili) e sugli impieghi creditizi che prevederanno minori requisiti patrimoniali.

 

Tra le recenti proposte della FED, infatti, c’è anche lo stop all’utilizzo dei modelli interni per la stima del rischio di credito e quindi per la determinazione dei requisiti di capitale. Le norme proposte li sostituirebbero con misure di rischio standardizzate, determinate dalle autorità di regolamentazione, sostanzialmente basate sulla tipologia di prodotto e di controparte finanziata.

 

Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan Chase, probabilmente facendo un po’ di lobbying, ha sostenuto che con le nuove proposte della FED quasi tutti i prestiti contenuti nei bilanci del sistema bancario sarebbero considerati “spazzatura”.

 

Il giornalista conclude: concentrarsi sulla concessione di prestiti migliori a clienti migliori è sicuramente una buona cosa, il problema è che potrebbero non essercene abbastanza per tutti.

 

E in Italia?

 

La situazione è ancor meno rosea.

 

Il 13 ottobre è stato pubblicato il Bollettino Economico n. 4/2023 di Banca d’Italia (Bollettino Economico n. 4 - 2023 (bancaditalia.it)).

 

Dall’avvio del processo di normalizzazione della politica monetaria, intrapreso dalla BCE alla fine del 2021, le politiche di offerta del credito bancario sono divenute nel tempo più stringenti e la domanda da parte di imprese e famiglie si è marcatamente indebolita sia in Italia sia nell’area dell’euro.

 

Tra maggio e agosto 2023 la diminuzione dei prestiti bancari a imprese e famiglie si è accentuata.

 

 

Il calo riflette sia la marcata debolezza della domanda di credito, frenata dall’incremento del costo dei prestiti e dalle minori esigenze di liquidità per investimenti…

 

Per gli indici generali, valori positivi indicano un aumento della domanda rispetto al trimestre precedente; per i fattori, valori positivi indicano un contributo all’aumento della domanda rispetto al trimestre precedente. Indici di diffusione costruiti sulla base del seguente schema di ponderazione: 1=notevole espansione, 0,5=moderata espansione, 0=sostanziale stabilità, -0,5=moderata contrazione, -1=notevole contrazione. Il campo di variazione dell’indice è compreso tra -1 e 1.

 

…sia l’inasprimento dei criteri di offerta, prevalentemente guidato dal maggiore rischio percepito dagli intermediari, dalla minore disponibilità a tollerarlo e – in misura più contenuta – da un peggioramento delle condizioni di raccolta bancaria (il cui costo marginale ad agosto 2023 si è collocato al 2.0%, quando era sostanzialmente nullo all’avvio della fase di normalizzazione della politica monetaria).

 

Per gli indici generali, valori positivi indicano una restrizione dell’offerta rispetto al trimestre precedente; per i fattori, valori positivi indicano un contributo alla restrizione dell’offerta rispetto al trimestre precedente. Indici di diffusione costruiti sulla base del seguente schema di ponderazione: 1=notevole irrigidimento, 0,5=moderato irrigidimento, 0=sostanziale stabilità, -0,5=moderato allentamento, -1=notevole allentamento. Il campo di variazione dell’indice è compreso tra -1 e 1.

 

L’irrigidimento dei termini e delle condizioni applicati ai finanziamenti alle imprese e alle famiglie per l’acquisto di abitazioni ha riguardato i margini applicati, l’ammontare dei prestiti concessi, le scadenze e le garanzie richieste.

 

Il rialzo dei tassi ufficiali della BCE continua a trasmettersi al costo del credito: dall’inizio del processo di normalizzazione di politica monetaria, il tasso applicato ai nuovi prestiti è cresciuto di 3.8 punti percentuali per le imprese e di 2.9 per i mutui.

 

 

In agosto i depositi bancari dei residenti sono diminuiti del -5.4% sui dodici mesi. La crescita dei depositi a vista (n.d.r. si legga conti correnti), pari al 9.7% alla fine del 2021, è gradualmente diminuita ed è divenuta negativa a novembre del 2022; la flessione si è successivamente accentuata ed è stata solo parzialmente compensata da un rafforzamento della crescita degli altri depositi (13.2%). 

 

Questa ricomposizione è dovuta al più lento adeguamento dei tassi di interesse sui depositi in conto corrente alle variazioni dei tassi di riferimento rispetto a quelli sui depositi a termine (n.d.r. si legga conti deposito).

 

Ciò ha favorito un aumento della domanda di titoli di Stato da parte delle famiglie.

 

 

 



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